domenica 26 maggio 2013

L'uomo che piantava gli alberi - L'homme qui plantait des arbres



L'uomo che piantava gli alberi (titolo originale: L'homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come La storia di Elzéard Bouffier è un racconto allegorico di Jean Giono, pubblicato nel 1953.

Il racconto è così toccante che molti lettori hanno creduto che Elzéard Bouffier fosse un personaggio realmente esistito e che il narratore fosse Jean Giono stesso, e che quindi la storia fosse in parte autobiografica, infatti si suppone che l'autore abbia vissuto proprio nel periodo in cui è ambientata la narrazione .
L'autore ha spiegato, in una lettera del 1957 a un rappresentante della città di Digne: "Mi dispiace deludervi, ma Elzéard Bouffier è un personaggio inventato. L'obiettivo era quello di rendere piacevoli gli alberi, o meglio, rendere piacevole piantare gli alberi."

Nel 1987, Frédéric Back adattò la trama del racconto creandone un cortometraggio. Per quella produzione vinse numerosi premi, fra cui il Premio Oscar per il miglior cortometraggio d'animazione.

Tratto da Wikipedia

venerdì 10 maggio 2013

CAVAION V.SE, PARCO …… FOTOVOLTAICO

RIPIANTIAMO GLI ALBERI

Non è la libertà che manca, sono gli uomini liberi.
(Leopoldo Longanesi, 1905-1957)

L’opinione pubblica ben informata è la Corte Suprema di ogni società.
(Joseph Pulitzer, Ungheria 1847 -  USA 1911)

Nobel, tormentato dall’idea di possibili applicazioni belliche e/o distruttive della sua invenzione, la dinamite, nel suo testamento dispose l’istituzione di riconoscimenti finalizzati a premiare attività che illuminassero ed aiutassero l’Uomo a vivere degnamente e in pace.
Nel 1901 furono assegnati i primi Premi Nobel: per la pace, la letteratura, la chimica, la medicina e la fisica.
Alfred Bernhard Nobel era nato a Stoccolma nel 1833 e si spense a Sanremo nel 1896.

Altri esempi si potrebbero addurre al fine di rendere chiaro un concetto: certe applicazioni, certi oggetti non sono negativi in sé ed in assoluto, può però essere stolto l’uso che se ne fa. E criticarne un uso improprio non significa negarne il medesimo bensì esclusivamente, appunto, certe improprietà dello stesso.
Con un paio di forbici si può tagliare un filo, o il famoso nastro tricolore delle inaugurazioni, azione tanto cara ai sacerdoti del marketing applicato alla politica, ed anche assassinare una persona. Eliminiamo le forbici?

 Ed ora entriamo nel vivo della questione.

Ieri sera, 7 maggio, in concomitanza con la riunione degli artisti cavaionesi, il Sindaco e l’Amministrazione Comunale presentavano alla cittadinanza l’opera pubblica relativa alla realizzazione di un Parco Fotovoltaico. La precisazione è dovuta, dato che ho partecipato alla riunione e non preso parte all’assemblea pubblica. Ero però informata sul tema avendo letto la locandina.

Certo, parco, dapprima fa pensare ad un’area verde, piantumata. Un luogo dove andare a passeggiare e sostare, seduti su una panchina, per oziare ascoltando il cinguettio di uccellini, le voci squillanti di bambini intenti nei loro giochi, o voci di turisti che conversano in idiomi diversi dal nostro, osservare le foglie degli alberi frementi per l’insinuarsi fra di loro di brezze ristoratrici, per leggere un quotidiano, un buon libro.
No, da noi i parchi, quelli verdi, non fanno parte dell’orizzonte mentale dei nostri Amministratori.
Il Parco è fotovoltaico. Quindi tanti lucidi pannelli grigi disposti in ordinate file simili a scudi di un antico esercito in assetto di marcia. Quei pannelli, che catturando la forza dei raggi solari la trasformano in energia elettrica, energia pulita. Quei pannelli che spesso capita di vedere stesi su tetti di fattorie bavaresi, su tetti di edifici pubblici moderni, su capannoni industriali. Perché in Paesi o aree dove la tutela del paesaggio e del territorio è fattuale e non verbale, come da noi, non si distruggono aree verdeggianti per piazzarvi corpi che snaturano la complessa e variegata specificità del luogo
Perché non ci si dovrebbe dimenticare la funzione purificatrice dell’aria svolta dagli alberi: avete mai sentito parlare della fotosintesi clorofilliana? Quel processo mediante il quale gli alberi, meglio le foglie di alberi arbusti, anche pungenti rovi, trasformano l’anidride carbonica (CO2 ) in ossigeno. Ai miei tempi lo insegnava la signora maestra, ovvero si apprendeva alle elementari.

La nostra illuminata Amministrazione ha invece pensato di distruggere circa 11.500 -12.000 mq di verde, un boschetto, per farla diventare grigia.

La foto ha più di 20 anni, quindi non evidenzia il boschetto venutosi nel tempo a sviluppare nelle aree abbracciate dallo svincolo di Cavaion Veronese, come si può apprezzare nella seguente istantanea, risalente al Giugno 2009.



Ora, qualcuno ci dovrebbe dire quanta CO2  è grado di smaltire un boschetto di circa 11.500-12.000 mq nell’arco di 30 anni, giusto per amor di precisione.
Considerando che lo svincolo non è circondato da una zona a forte densità di edifici commerciali, bensì da vigneti, che lì vicino c’è un agriturismo, mi viene da pensare che un’aria più salubre era più vantaggiosa sia per i turisti ospiti di Ca’ Persiane sia per le viti. Perché lì si è modificato, peggiorato, il microclima e distrutta ogni forma di vita, lì non si eviterà l’emissione di anidride carbonica, CO2, bensì si aumenterà!
I nostri Amministratori, ritornando dalle allegre giornate trascorse nella gemellata, bavarese Bad Aibling, non hanno mai notato i pannelli fotovoltaici che fungono anche da barriera fonoassorbente, due piccioni con una fava, sull’Autostrada del Brennero?
Non siamo nemmeno in grado di copiare?

Barriera fonoassorbente con pannelli fotovoltaici a protezione dell’abitato di Marano (comune d’Isera) lungo l’autostrada del Brennero.

Dato l’ampio sviluppo della barriera – che misura in lunghezza 1.067 metri ed è alta mediamente 5,60 metri – la superficie disponibile ospita 3.944 moduli fotovoltaici, capaci di produrre un’energia pari a circa 690.000 kiloWatt/ora annui [1]




E dire che di barriere fonoassorbenti a protezione di Cavaion ce ne sarebbe bisogno!

 

A Cavaion, in località Camporengo, sussistono capannoni in gran quantità, il tetto dei quali costituisce una “dimora naturale” di pannelli fotovoltaici. Avremmo così continuato a beneficiare della funzione che la meravigliosa e provvida madre natura ha attribuito alle foglie, chiamiamole “pannelli fotopurificanti”, ed anche del resto, come da manifesto.
Ma, al solito, si vive evangelicamente alla giornata, si prendono comode scorciatoie con esiti negativi per gli anni a venire. La collocazione di pannelli fotovoltaici sui capannoni di Camporengo avrebbe presupposto un lavoro di concertazione e di sinergie, una serie di incontri con i proprietari per esporre loro il progetto, una serie di incontri con le società che finanziano tali interventi.
In altre parole il pensiero di un progetto: esercizio sconosciuto ai nostri Amministratori.

Ne volete un esempio?
Finita la riunione degli artisti, tenutasi in biblioteca, mi dirigo verso la Sala Civica. Amministratore e cittadini stanno uscendo: presentazione conclusa.
Fra i presenti un gruppetto di giovani dell’associazione LiberaMente.
Non gli chiedo le loro impressioni sul Parco fotovoltaico, mi erano già giunte voci in merito. Gli chiedo se hanno notizie sulla conclusione dei lavori di restauro della Torre Rossa. Settembre, mi rispondono.
Orbene il 7 Novembre 2012, la serata dedicata alla presentazione della suddetta associazione giovanile, alla domanda sulla conclusione dei lavori, il Sindaco, senza batter ciglio, prontamente rispose: Gennaio 2013. Alla fine di Gennaio il cantiere era ancora aperto e non dava segni di vita. Sollecitato il Sindaco indicò una nuova data: Marzo.  Passa un giorno, passa l’altro e siamo arrivati a Maggio: il cantiere è ancora inattivo (foto del 1 Maggio 2013). Aspettiamo fiduciosi l’autunno: di che anno?

Un Sindaco si può paragonare ad un Direttore Generale di un’azienda privata. Un dirigente che non sa che cosa succede nell’azienda da lui gestita, è dotato del dovuto senso di responsabilità? è affidabile? è credibile?

«Dovreste ripartire con gli striscioni», dico ad uno dei ragazzi. Risposta: «Quali striscioni? Non siamo mica stati noi. »
Mi riferivo a quelli che invocavano lo stop al consumo di territorio e denunciavano la cementificazione di Cavaion, apparsi in paese in tardo autunno dello scorso anno.
Secondo il baldo giovane, qualcuno di fuori si è dato la briga di scrivere e stendere gli striscioni a Cavaion Veronese.
Chiedo scusa per averli sospettati di questo nobile gesto. A dire il vero, avevo sospettato già nella serata inaugurale che non fossero loro quelli contro la cementificazione selvaggia: infatti il Sindaco gli promise la costruzione di un centro giovanile e nessuno obiettò che anche quello era consumo di territorio.

Sul cartello di cantiere della ristrutturanda Torre Rossa si dice che la stessa è destinata a CASA DELLE ASSOCIAZIONI E CENTRO GIOVANILE.
Ne consegue che quelli di LiberaMente sarebbero doppiamente a casa loro, in quanto associazione ed in quanto giovani: allora, perché il Sindaco promette la realizzazione di un fabbricato destinato a centro giovanile?
Il Primo Cittadino sembra essere vittima di imbarazzanti amnesie.


Ma, torniamo al Parco fotovoltaico: un rappresentante dell’opposizione mi dice che non si può far niente, ormai il “dado è tratto”. Ma, dico io, quelli di Progetto Paese, anche loro contrari alla soluzione adottata dalla reggenza, saranno ben stati al corrente del progetto, se ne sarà parlato in Consiglio Comunale. Perché non ne hanno informato i cittadini? Sempre perché non hanno tempo?

Perché non si propongono come comitato promotore della “riforestazione” del sito per il Parco Fotovoltaico?
Per esempio organizzando un gruppo di cittadini, di qualsiasi età, ad acquistare o procurarsi un alberello o un arbusto e poi insieme recarsi nell’area incriminata e piantarli? Ovviamente previo invito della stampa.
L’ Amministrazione ignora, oserei dire per forma mentis, il problema della tutela del paesaggio e del territorio, la manutenzione delle opere pubbliche, indebita il paese con acquisti finalizzati a non si sa bene che cosa, ci troviamo con una faraonica Caserma dei Carabinieri che il Sindaco, da grande esteta, considera bellissima, che è un ulteriore scempio paesaggistico, e che, se non sono informata male, ci costerà anche in termini di manutenzione.

Di che cosa ci attenda nel futuro, cementificamente parlando, non sappiamo pressoché nulla, salvo un’altra manciata di rotatorie.
La serata dedicata al PAT (31 Gennaio 2013) è stata una solenne presa in giro: lo scopo non era informare ma tirar tardi senza dire nulla di concreto.
L’opposizione non ha imposto chiarezza agli Amministratori.
Volete saperne di più? Consultate il sito del Comune alla voce PAT: VUOTA !!!!!!!!!!!!!
E’ troppo chiedere che qualcuno ci informi sullo stato attuale del PAT?

Non siamo amministrati, siamo costretti a subire scelte spesso opinabili. I cittadini, essi stessi complici, sono trattati come sudditi, come usavano i signorotti nel Medioevo.
Sempre più spesso mi sovviene Sordi ne “Il Marchese del Grillo”: travestito da popolano, affrontando le proteste di chi, ritenendolo uno di loro, gli rinfacciava di essere ingiustamente privilegiato, reagiva con supponenza, citando un verso del Belli:

… «Iö sò io e vvoi non zete un cazzo,…”[2]


Adriana Bozzetto (una extra-comunitaria)


P.S. Si possono ridurre le emissioni di anidride carbonica, CO2,  anche obbligando a costruire edifici ad impatto ZERO, visto che il cemento continuerà a colare, con nessun costo per la comunità. Non solo, ma anche e soprattutto, promuovendo con incentivi l’abbattimento/riduzione dell’impatto ambientale di edifici preesistenti. Non è fantascienza, in altre regioni/Nazioni si fa. Anche questi interventi sosterrebbero l’edilizia e senza provocare ulteriori disastri.





[2] Li soprani der monno vecchio Giuseppe Gioacchino Belli (Roma, 1791 – 1863), Sonetti, i Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, 1994, pag. 89

sabato 4 maggio 2013

Cavaion Veronese, fotovoltaico SI consumo del territorio NO

L'Amministrazione Comunale ha il piacere di invitare la cittadinanza alla presentazione dell'opera pubblica relativa alla realizzazione di un "Parco" Fotovoltaico posto su uno svincolo stradale (entrate ed uscite superstrada Affi-Peschiera) omissis

Brevi considerazioni:
Produrre energia elettrica con l’uso di pannelli fotovoltaici è una pratica che si sta sempre più diffondendo, anche grazie a sostanziosi contributi, e alla quale non si può che guardare con favore, dal momento che si utilizza una fonte energetica inesauribile, il sole, e si contribuisce in modo sostanziale alla riduzione di emissione in atmosfera di gas serra.
Accanto alla creazione di piccoli impianti localizzati sui tetti degli edifici, però, stanno ora iniziando a proliferare le richieste di autorizzazione alla creazione di impianti a terra, denominati un po’ eufemisticamente “parchi fotovoltaici”: si tratta di schiere di pannelli disposti in file parallele con adeguato orientamento, sopraelevati rispetto al piano di campagna.  
Omissis
Come movimento “Stop al consumo di territorio” abbiamo discusso e ci siamo confrontati con altre realtà interessate da progetti analoghi, giungendo alla conclusione che sia fondamentale dire un tassativo NO a tali realizzazioni, per molte ragioni, la prima delle quali è: perché occupare suolo agricolo o superfici libere per realizzare impianti che possono trovare spazio (e quanto!) su superfici già irrimediabilmente compromesse dal punto di vista naturale, come ad esempio i tetti dei capannoni?
Il no agli impianti fotovoltaici che consumano suolo è stato pronunciato anche da coloro che sono intervenuti al convegno “Fotovoltaico sì, ma dove?” tenutosi il 3 luglio a Carmagnola, organizzato per mettere a confronto voci diverse su un problema che sta toccando la città molto da vicino: la giunta comunale ha infatti deliberato un parere negativo nei confronti di una richiesta di costruzione di un impianto a terra di 7 ettari (tra l’altro il sindaco riferiva che stanno arrivando altre domande: 30 ettari da una ditta tedesca, 40 ettari verso Ceresole,..).  
Omissis
Il motivo fondamentale della nostra posizione nettamente contraria è ovviamente che la creazione dei “parchi” comporta consumo di suolo (non così semplicemente restituibile alla natura o all’agricoltura ed esaurimento dell’impianto…), consumo di spazio (bene preziosissimo nei nostri territori così densamente antropizzati), e in definitiva presenta una contraddizione di fondo: quella di ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile consumando però un’altra risorsa non riproducibile, il suolo!
Ci sono poi altre considerazioni da fare:
- L’impatto sul paesaggio determinato da ettari di filari di pannelli, al di sotto dei quali nel migliore dei casi ci può essere un prato nel quale però la biodiversità sarà sicuramente ridotta, dal momento che si crea un microclima sfavorevole; quando invece i pannelli sono integrati nei tetti l’impatto visivo è minimo e quello ambientale nullo
Omissis
- La diffusione di piccoli impianti, nei quali le famiglie diventano produttrici di energia, stimola la consapevolezza dei propri consumi e l’acquisizione di stili di vita energeticamente sostenibili
- La creazione di grandi impianti su suoli agricoli, infine, non può che determinare un grave squilibrio nel mercato degli affitti agrari, dal momento che già ora l’affitto di un terreno per impianti fotovoltaici è circa il triplo di quello normale.
Omissis

Tratto dal post "Perchè no al fotovoltaico su terreni agricoli"   
blog stopalconsumoditerritoriosaviglianese

Trentino, La Sat: «Pannelli solari solo sui tetti» 

E per la serie siamo propositivi :
I pannelli fotovoltaici lungo l'A22: una fonte energetica senza consumo di territorio