lunedì 26 ottobre 2009

Global Warming l'eresia

I sintomi dei cambiamenti climatici li subiamo oramai anche "nelle semplici parole" della nostra quotidiana vita, molti mi dicono "non fà più freddo come una volta " "non c'è mai stato così caldo", idem mi vien riferito da persone che vivono in altri stati come  Germania, Russia, Finlandia, Spagna, Romania. Eppure quando inizio a parlare della questione ad amici e conoscenti  alcuni di questi mi spalancano gli occhi come se stessi straparlando o bestemmiando dicendomi, tra le altre, che sono persona contraria al progresso, una specie di estremista, che vuol far si che il nostro stile di vita presente e futuro regresdisca per contrastare un presunto "riscaldamento del pianeta".
A questi soggetti (e siamo alle solite) ignoranti  e poco o mal informati (sempre) oltre non accettare delle evidenze grandi come una casa, non capiscono le conseguenze che provocherà il global warming se questo non lo si bloccherà e verrà innescato "l'effetto opposto"; non sono io comune mortale a dirlo, basta leggere per esempio il rapporto Stern  redatto dal governo britannico Blair in merito alle conseguenze dovute ai cambiamenti climatici tra le quali, ne elenco solamente una, c'è l'impoverimento globale.
Far capire a molte teste dure che "prendere provvedimenti" per contrastare i mutamenti climatici non vuol dire regredire ma progredire in particolar modo dal punto di vista del benessere, della nostra qualità della vita; penso sia un bisogno primario ed essenziale per l'essere umano . 
Peccato che molte volpi ingorde legate al profitto a tutti i costi, legate all'egoismo e alla conseguente scarsa sensibilità e solidarietà non capiscano.



 Ghiaccio bollente di Luca Bracali

Canada. Alaska. Polo Nord. Tre viaggi in cima al mondo. Per misurare quanto i cambiamenti climatici stanno disgregando un ecosistema meraviglioso. Tra orsi che non hanno più dove cacciare, cani da slitta che arrancano, ghiacciai che si sciolgono. E col timore che tutto questo domani possa scomparire dal Polo Nord


L'Artico seduce e conquista. "È come sentire l'incantevole voce delle sirene che non cessa mai di richiamarti lassù, nel grande Nord". Me lo confidò tanti anni fa, poco prima di andarsene, Willie Knutsen, uno degli ultimi grandi esploratori polari del nostro tempo. Ma l'Artico è anche l'ambiente più ostile e puro che esista al mondo, quello più sensibile ai mutamenti climatici e ambientali,quello da dove è stato lanciato per la prim volta il grido d'allarme del global-warming. Insomma è il cuore pulsante del pianeta Terra. Knutsen studiò per lungo tempo la meteorologia delle regioni artiche. Ma da allora, anni 30-40, ad oggi come è cambiato quel mondo? La nostra prima missione inizia nel marzo dello scorso anno e ci porta a cavallo fra Canada e Alaska per meglio capire quanto la vita degli Inuit sia oggi diversa ma soprattutto come la natura e l'ambiente stiano mutando di fronte all'innalzamento delle temperature. Il primo campanello d'allarme viene proprio dall'icona per eccellenza del mondo artico: sua maestà l'orso polare. Partiamo da Churchill, nella regione del Manitoba in Canada, da quella che viene considerata la capitale per eccellenza dell'orso bianco. In questa silenziosa 'community' vivono in un perfetto equilibrio circa mille abitanti e altrettanti orsi. Dice Lawreen Spence, moglie del sindaco, che anche qui le cose sono cambiate in fretta negli ultimi anni e il disgelo arriva due settimane e mezzo prima rispetto al 1980. Di conseguenza gli orsi sono costretti a cessare anticipatamente la loro attività di caccia alla foca per mancanza del pack, la loro unica piattaforma di caccia, riducendo così il peso corporeo di circa 20 chili. Non a caso dal 1995 ad oggi il loro numero è diminuito del 20 per cento. Le temperature di Churchill negli ultimi dieci anni sono aumentate di quasi 8 e i modelli climatici prevedono addirittura che nel 2040 la baia di Hudson non congelerà affatto. Autentica perla di questa regione resta ancora Wapusk, un tempo libero territorio di caccia per Inuit e nativi indios del Canada. In questo vero e proprio reparto di maternità fatto di 100-150 loculi scavati nella neve da mamma orso, nascono ogni stagione dai 200 ai 300 cuccioli.

La nostra carovana si sposta in Alaska per capire cosa succeda agli estremi opposti del continente americano. Le cose non sono poi così diverse e già lo scopriamo a Nome, il villaggio che ogni anno segna il punto d'arrivo dell'Iditarod, la celebre corsa con i cani da slitta che parte da Anchorage e si conclude dopo 1.700 chilometri e 9 giorni di marcia. A lanciare il primo allarme è il campionissimo degli tre ultimi anni, Lance Mackey, che al termine della corsa ci conferma che le elevate temperature hanno influenzato molto le prestazioni dei cani. "Non hanno risposto bene, è molto più facile prendersi cura del team quando fa freddo anche se può sembrare strano". A Fairbanks, uno dei maggiori centri per l'avvistamento delle aurore boreali (sempre più rare ci dicono perché offuscate dall'inquinamento), scopriamo che al World Ice Carving Championship, una inusuale competizione di artisti del ghiaccio, il giorno della premiazione sono dovuti intervenire i soccorsi per tamponare lo scioglimento delle opere visto che la temperatura esterna era di più 8 anziché di meno 20 -30 come nelle precedenti edizioni. E poi vi sono fiumi che si allargano sempre più e assieme ai laghi si trasformano in trappole mortali per gli animali, come renne ed alci, per l'assottigliamento del ghiaccio. Florence, un'anziana Inuit di Bettle, ci dice che in 70 anni ha visto trasformarsi il suo Koyokuk e, che lungo gli argini del fiume, adesso crescono piante e arbusti tanto da sembrare una giungla. Il professor Romanovsky della Uaf (University of Alaska, Fairbanks) sottolinea che il problema dell'innalzamento delle temperature ha innescato lo scioglimento del permafrost e con questo lo sprofondamento del suolo, tanto che i villaggi di Kivalina e Shishmaref stanno lentamente affondando nel loro terreno e non a caso hanno già denunciato le grandi compagnie petrolifere. John Walsh, sempre della Uaf, conferma che le temperature dell'Alaska negli ultimi cinquant'anni sono aumentate di cinque gradi. Da una quindicina di anni, da quando studio l'Artico, il mio sogno era percorrere in senso inverso il cammino fatto dagli Inuit che dalle remote steppe mongolo-siberiane, circa 25 mila anni fa, attraverso lo stretto di Bering, raggiunsero l'Alaska. Ci ho provato assieme al mio team di operatori video, con un paio di motoslitte ed una guida Inuit partendo da Wales, nell'estremo lembo occidentale dell'Alaska per raggiungere l'isola di Little Diomede posta sul meridiano che delimita il cambiamento internazionale di data. Abbiamo percorso solo poche miglia vedendo quel sogno svanire. Ad un certo punto, in mezzo ai flutti ghiacciati del mare di Bering, abbiamo trovato l'acqua al posto del pack. Ci siamo anche incagliati con la motoslitta, la slitta a traino si è rovesciata. Sono stati momenti di smarrimento, la guida era tornata indietro da un pezzo, lasciandoci il fucile e avvertendoci che attorno vi erano solo orsi polari. Solo una generazione fa questa tratta veniva percorsa regolarmente a piedi o con i cani da slitta.

Per completare la conoscenza del grande Nord, decido nell'aprile di quest'anno di partire per il Polo Nord, un'eco-spedizione che in un centinaio di chilometri di cammino ci deve portare dall'89esimo al 90esimo parallelo. È Victor Boyarsky, scienziato ed esploratore, direttore del museo Artico e Antartico di San Pietroburgo, l'uomo che apre la porta di acceso al Polo Nord geografico. Ogni anno, con una spesa di circa 1.800.000 euro è capace di materializzare in mezzo al niente il Barneo Ice Camp, un campo base alla deriva dei ghiacci polari che resiste ed esiste per soli 30 giorni. Incontriamo un team di scienziati russi, oceanografi e glaciologi. Sergey Pisarev dello Shirshov Institute di Mosca ci fa osservare che fra i 200 e gli 800 metri la temperatura dell'oceano è quasi raddoppiata, passando dagli 0.7 gradi del 1937 agli 1.2 di oggi. Nel 2007 la calotta polare si è ridotta passando dai 16 milioni di chilometri quadrati del mese di marzo ai 4.5 di fine luglio, raggiungendo così il minimo storico. Oltre a scienziati e ricercatori, a Barneo fanno tappa anche turisti, avventurieri ed esploratori, alcuni per rimanere due giorni al caldo delle tende e respirare l'emozione del polo, altri più decisi ad andare oltre. Sono circa otto o nove i giorni di cammino, sugli sci di fondo, per raggiungere il 90esimo parallelo. Ogni giorno si marcia per 6/7 ore in autosufficienza alimentare trascinandosi una slitta di 45 chili. Poi ci si ferma, si piazza la tenda, il fornellino e si scava la neve da sciogliere per poter finalmente bere. Si va a letto con tre paia di calzini, due pantaloni, quattro maglie, guanti e cappello infilandosi, testa compresa, in un sacco a pelo collaudato a -40 . Per 24 ore al giorno il sole splende mantenendosi a 30 sopra dall'orizzonte: non c'è alba né tramonto, tutto è bianco e silenzioso con una temperatura che oscilla dai -25 ai -40 . Raggiungere il Polo Nord oggi più che un'impresa è una soddisfazione. Sai che fra qualche decina d'anni sarà impossibile ad altri umani. Perché il Polo, se non si inverte la tendenza, sarà inghiottito per sempre nelle 'tiepide' acque dell'Artico.
(07 settembre 2009) da l'Espresso

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